La particolarità geologica dell’Isola d’Elba
La ricchezza e la varietà delle mineralizzazioni elbane, legate allo straordinario panorama geologico, hanno reso la geologia dell’isola d’Elba famosa in tutto il mondo, ed i campioni elbani di ematite, pirite, tormalina sono presenti e primeggiano in tutti i Musei mineralogici. All’Elba sono state rinvenute per la prima volta in natura una dozzina di minerali tra cui l’ilvaite, che prende il suo nome dall’antico nome dell’isola, Ilva.
Al Museo di Storia Naturale dell’Università di Pisa, troviamo un’area appositamente dedicata per i minerali dell’Isola d’Elba, la grande maggioranza dei campioni del museo proviene dalle pegmatiti di San Piero in Campo e dalle miniere di Rio Marina.
Piccola Isola con moltitudine di rocce
Nei circa 200 kmq dell’Isola d’Elba coesistono in modo complesso una moltitudine di rocce sedimentarie, metamorfiche ed ignee. Mentre nella parte centrale ed orientale dell’isola dominano rocce sedimentarie e metamorfiche, la parte occidentale è costituita quasi per intero dall’intrusione monzogranitica del monte Capanne, dal perimetro quasi perfettamente circolare. Un secondo stock “granitico” si trova nell’Elba orientale, dove affiora in un tratto assai ristretto nel fosso Mar di Carvisi. Le rocce magmatiche toscane si inquadrano nel contesto dell’Orogenesi Appenninica. Si tratta di processi avvenuti nella fase post-orogenetica, in successione cronologica da occidente verso oriente: partendo dai 7 milioni di anni del monzogranito elbano si giunge fino alle effusioni quaternarie del Monte Amiata.
La nuova Carta Geologica dell’Isola d’Elba, è stata elaborata con una scala di 1:25.000 sulla base dei dati rilevati nell’ambito del progetto CARG del Servizio Geologico d’Italia (ISPRA), Regione Toscana e Università di Firenze, mediante un progetto editoriale condiviso.
La nuova risoluzione della carta, consente di esaltare i dettagli del rilevamento, rendendolo nel contempo più chiaro ed immediatamente leggibile geologicamente l’Isola d’Elba anche ad un pubblico non esperto.
La Geologia dell’Isola d’Elba la storia dei giacimenti di ferro coltivati da oltre 2000 anni dagli Etruschi e dai Romani
L’Isola d’Elba è famosa fin dall’antichità principalmente per i suoi giacimenti di ferro, conosciuti e coltivati da oltre 2000 anni dagli Etruschi, dai Romani e da numerose successive popolazioni. La scoperta dei primi esemplari di tormalina policroma, che testimoniano l’esistenza di pegmatiti gemmifere, risale alla fine del XVIII secolo.
L’Isola d’Elba si trova nel Mar Tirreno Settentrionale tra la costa Toscana e la Corsica è considerata l’affioramento più occidentale della catena nord appenninica. La storia geologica dell’Isola d’Elba si svolge nello stesso modo della catena appenninica.
Lo scontro tra il blocco sardo-corso e Adria, è il motore che causerà ’impilamento delle falde.
È seguita poi dalla recente fase estensionale che caratterizza tutto il bacino tirrenico. L’isola d’Elba è interessata dalla risalita di due plutoni di importanti dimensioni: il plutone del Monte Capanne e il
plutone di Porto Azzurro.
183 i minerali individuati sull’Isola e 11 scoperti per la prima volta all’Elba
Ad oggi sono 183 i minerali individuati all’Isola d’Elba. Un numero che sale oltre 250 considerando le disquisizioni, che a volte accompagnano la definizione delle specie mineralogiche e delle loro varietà. In accordo con la International Mineralogical Association (IMA), undici minerali sono stati per la prima volta individuati all’Elba, due dei quali, ilvaite e elbaite, ricordano, nel nome latino (Ilva) ed in quello attuale, la loro località tipo.
L’Elba centro geologico dei più importanti d’Italia e d’Europa
Nel corso dell’Ottocento il territorio di Campo nell’Elba (ed in particolare i villaggi di S. Piero e S. Ilario sul versante orientale del plutone monzogranitico del Monte Capanne) divenne una delle località classiche mineralogiche più importanti d’Italia e d’Europa. Questo si deve alla scoperta di un gran numero di magnifici campioni mineralogici, principalmente con cristalli di tormalina policroma con associati vari minerali pegmatitici. La ricerca scientifica, condotta su esemplari provenienti sia da collezioni storiche museali che da nuove campagne di ricerca sul campo, ha permesso di identificare all’Isola d’Elba un buon numero di specie appartenenti al supergruppo della tormalina.
La Geologia dell’Isola d’Elba, un Museo e Laboratorio
Nel 1835, Emanuele Repetti, nel secondo volume del suo Dizionario geografico fisico della Toscana, scrive:
L’isola d’Elba a buon diritto appellare si potrebbe il più dovizioso gabinetto mineralogico della Toscana. È questo il sito dove sembra che la natura abbia voluto riunire in un piccolo diametro sorprendenti fenomeni, e tali da richiamarvi costantemente i di lei cultori, spinti ed allettati, non solamente dalla singolare costituzione geognostica di questi monti, ma ancora dalla ricchezza delle miniere, e dalle preziose e variate cristallizzazioni dei molti minerali, che in quelle rocce si aggruppano e in belle forme si accoppiano.
(Repetti, 1835).
La prima carta geologica dell’Isola d’Elba
Nel 1841 M. Studer pubblica la prima carta geologica dell’Isola d’Elba in bianco e nero, mentre bisogna aspettare gli anni Ottanta dell’Ottocento perché Bernardino Lotti (1847-1933), al tempo ingegnere del Corpo delle Miniere e in seguito presidente della Società Geologica Italiana, realizzi
il primo rilevamento di dettaglio dell’intera Isola d’Elba.
Nelle note esplicative, il grande geologo toscano Bernardino Lotti, definì l’Isola: «Un granDioso Museo mineralogico all’aperto» (Lotti,1886).
Museo e Gabinetto mineralogico; museo e laboratorio diremmo oggi. Mai definizioni furono più felici. Il Museo – Laboratorio Elba, si estende dalla costa orientale, dove fra Rio e Calamita si ritrovano i suoi celebri giacimenti a ferro, a quella occidentale, dominata dalla potente mole granitica del Monte Capanne, con i famosi filoni pegmatitici di S. Piero e S. Ilario e le spettacolari esposizioni del suo anello termo metamorfico nelle scogliere di Pomonte e Punta Nera.
Magnifiche cristallizzazioni di ematite e pirite, iridescenti aggregati limonitici, picei cristalli di ilvaite, quarzo prasio e granati; eccezionali aggregati pegmatitici di tormaline, quarzo, ortoclasio, lepidolite, berillo, pollucite e zeoliti, sono le più note eccellenze della mineralogia elbana, ieri come oggi, oggetto di un vasto e pregiato mercato.
I minerali elbani presenti nei Musei naturalistici del Mondo
I minerali elbani sono presenti nei più prestigiosi Musei naturalistici del Mondo, studiati in centinaia di opere scientifiche e descritti in numerose opere si parla della geologia dell’Isola d’Elba a carattere didattico e divulgativo (D’Achiardi, 1873; Carobbi e Rodolico, 1976; Tanelli, 1995; Orlandi e Pezzotta, 1996; Tanelli e Benvenuti, 1998).
Niccolò Stenone (1638-1686) lo scienziato naturalista, danese di nascita e toscano di adozione, al quale sono legati i prodromi delle moderne conoscenze geologiche e cristallografiche, visitò e studiò le mineralizzazioni ferrifere dell’Isola d’Elba. Furono ragionevolmente i peculiari cristalli di ematite di Rio, «i corpi angolari di ferro», come li indica nel suo De solido intra solidum naturaliter contento dissertationis prodromus, che contribuirono alla enunciazione dei principi che saranno poi la prima legge della cristallografia: la «Legge della costanza dell’angolo diedro fra le facce omologhe del cristallo» (Casella, 1986).
Una legge che apre le nostre conoscenze sulla struttura della materia, e delle quali oggi beneficiamo in molteplici campi scientifici e tecnologici.
Le scoperte Geologiche Elbane, minerali scoperti per la prima volta all’Elba
L’ilvaite è un silicato di calcio, presente nelle masse di skarn che da Santa Filomena di Rio a Capo Calamita, accompagnano i giacimenti a ferro. Venne scoperto oltre due secoli fa e le vicende del suo nome possono essere prese come un classico esempio di intreccio fra scienza e politica. Dapprima, in pieno splendore napoleonico, gli venne dato il nome di «jenite» in onore della battaglia di Jena vinta da Napoleone nel 1806. Successivamente caduto l’astro, venne chiamata «lievrite», a ricordo di M. Lelievre, ritenuto da alcuni il suo scopritore. Ma a questo punto nascono le questioni, poiché altri ritenevano che la paternità della scoperta fosse di F. de Bellevue, ed altri ancora a D. de Dolomieu. Tutti famosi geologi transalpini.
Ilvaite tipica della geologia dell’Isola d’Elba
Dolomieu in particolare è ricordato nel nome del carbonato di calcio e magnesio, la dolomite, e nel nome delle nostre Dolomiti, che da questo minerale sono prevalentemente formate. Tornando al silicato di calcio e ferro, l’accordo sul nome venne raggiunto, chiamandolo ilvaite, a ricordo della sua località tipo.
Seguono quindi le «scoperte» della elbaite (gruppo delle tormaline), bonattite, dachiardite, minguzzite, pollucite, urano polycrase, rubicline, fino alle definizioni, in questi primi anni del terzo millennio, della riomarinaite e delle ramaniti a cesio e rubidio (ima-mineralogy.org; mindat.org).
Collezione elbana oltre 6000 campioni nella sezione di Mineralogia del Museo di Storia Naturale di Firenze
Una piccola appendice e una piccola anticipazione. Come vedremo meglio in seguito, gli oltre 6000 campioni che formano attualmente la «Collezione elbana» della sezione di Mineralogia del Museo di Storia Naturale di Firenze, derivano per due terzi da due collezioni storiche formate alla fine dell’Ottocento da Raffaello Foresi (1820-1876), uomo di cultura elbano e fiorentino di adozione, e Giorgio Roster (1843-1927), professore di igiene nel R. Istituto di Studi Superiori Pratici e di Perfezionamento di Firenze – oggi Università degli Studi – ed elbano di adozione (Tanelli, 2010).
Agli Elbani Raffaello Foresi e Giorgio Rosterd la scoperta di nuovi minerali
Al Foresi ed al Roster, sono legate due vicende di nomenclatura mineralogica. Alla fine dell’Ottocento, studiando i minerali delle pegmatiti di Campo venne individuata una «sostanza», considerata una nuova specie mineralogica, e alla quale venne dato il nome di «foresite» in onore di Raffaello Foresi (Pullè e Capacci, 1874).
Successive ricerche cancellarono la foresite fra i nuovi minerali, documentando come la «nuova sostanza» fosse un miscuglio di stilbite e cookeite. Nelle pegmatiti di Campo venne anche individuata una varietà di berillo, ricca in litio e cesio, ad habitus tabulare e cromaticità da incolore a giallo- rosa, denominata «rosterite» (Grattarola, 1880).
Rosterite dal «Filone La Speranza» di S.Piero
Nel 1908, il grande scienziato russo V.I. Vernadsky (1863-1945), uno dei padri fondatori della geochimica e della geo-ecologia individua nelle pegmatiti granitiche di Lipovka negli Urali centrali, cristalli di berillo ricchi in cesio e litio, denominandoli vorobyevite in onore del mineralista russo V.I. Vorobyev.
Narrano le voci che gli era sfuggito il lavoro di Grattarola, anche se, aggiungono le stesse voci, il Vernadsky dopo avere conseguito la laurea nella Università di San Pietroburgo nel 1885, era andato nella Università di Napoli per seguire gli insegnamenti del celebre mineralista Arcangelo Scacchi (1810-1893), nella cui Miscellanea è tuttora presente la pubblicazione di Grattarola. Quasi un secolo dopo il lavoro di Grattarola, riprese di diffrazione a raggi x sugli stessi campioni da lui studiati, convalidarono la rosterite come una varietà di berillo (Carobbi e Rodolico, 1976).
La Rosterite, Berillo ricca in cesio
Recentemente, in uno studio sulle caratteristiche strutturali della varietà di berillo ricca in cesio e litio, è stato nuovamente lanciato il nome di vorobyevite (Yakubovich et al., 2009). Con questo nome è indicata nelle pagine di mindat.org, ma poiché come sappiamo il diavolo fa le pentole ma non i co-
perchi, il minerale, nelle stesse pagine web, è illustrato da una splendida foto di un cristallo incoloro e tabulare di «vera» rosterite proveniente dal «Filone La Speranza» di S.Piero. Resta inoltre il fatto che fu lo stesso Vernadsky nel 1914, studiando le variegate tormaline dell’Elba, a chiamare «elbaite» – le voci dicono come gesto riparatore – la tormalina a litio, presente come minerale valido nell’elenco dell’IMA (Ertl, 2008).
Igino Cocchi nel 1871 pubblica la sua bella opera sulla geologia dell’Elba
Risalgono ai primi anni Quaranta dell’Ottocento i primi studi moderni sulla geologia dell’Elba e la redazione delle carte che ne sintetizzano le caratteristiche litologiche e cronologiche. Nel 1871 Igino Cocchi (1827-1913), professore di geologia nell’Istituto di Studi Superiori di Firenze e membro della
R. Amministrazione Cointeressata, che al tempo gestiva le miniere elbane, pubblica la sua bella opera sulla geologia dell’Elba, corredata di una carta geologica policroma della zona orientale. Seguono poi le opere di Bernardino Lotti nel 1884, per giungere quindi alla carta redatta nel 1969 dai geologi della Università di Pisa e a quella attualmente in corso di pubblicazione, rilevata dai geologi della Università di Firenze (Tanelli, 2007).
La Storia geologica dell’Isola d’Elba
La genesi del Museo a cielo aperto dell’Elba
Gli splendidi cristalli delle geodi pegmatiti che del Capanne, così come i lucenti cristalli di oligisto e pirite dei giacimenti ferriferi dell’Elba Orientale, sono il prodotto di peculiari fenomeni minerogenetici, sviluppati nelle fasi tardive del magmatismo e della tettonica che fra i 7 ed i 5 milioni di anni fa, al passaggio fra il Miocene ed il Pliocene, ha interessato l’Isola. La loro storia però, in particolare per quanto riguarda i giacimenti a ferro e le masse di skarn ad essi associate, è possibile che inizi attorno a 250 milioni di anni fa, al passaggio fra il Permiano ed il Triassico.
Esistono vari indizi scientifici che portano a ritenere che ai fenomeni Permo-triassici sia associata l’origine prima dei giacimenti ferriferi elbani, precipitati come fanghiglie di ossi-idrossidi di ferro, frammisti ad argille e ciottoli di quarzo, sopra le rocce della Pangea, lungo le coste «africane» della Tetide.
Elba antica Pangea rocce Paleozoiche
Studiando la geologia dell’Isola d’Elba ritroviamo queste formazioni della antica Pangea nelle rocce Paleozoiche degli «gneiss» di Calamita, nei porfiroidi e scisti porfirici di Ortano e negli scisti grafitosi del Carbonifero di Rio. Successivamente le fanghiglie ferrifere furono ricoperte da sedimenti carbonatici, solfatici e silicatici, e subirono quei fenomeni metamorfici, tettonici e orogenici, che interessarono, fra i 60 ed i 10 milioni di anni, l’area tetidea e portarono alla formazioni delle Alpi prima e dell’Appennino settentrionale poi; del quale l’Elba rappresenta l’estrema propaggine occidentale.
Definito quindi l’assetto strutturale dell’alto Tirreno, attorno a 7-8 milioni di anni fa si ebbe, la risalita di una massa magmatica di composizione prevalentemente granitica, e la sua messa in posto entro livelli crostali alla profondità dell’ordine di alcuni chilometri.
Si formarono le associazioni mineralogiche Elbane
Dal lento raffreddamento di questo magma e dai fenomeni metamorfici, pegmatitici ed idrotermali ad esso legati, nel corso della geologia dell’Isola d’Elba si formarono così le associazioni mineralogiche che, dopo la rimozione delle coperture per cause tettoniche ed erosive, ritroviamo oggi a formare la massa granodioritica del Monte Capanne, i porfidi granitici, le masse euritiche, i filoni pegmatitici ed aplitici che l’accompagnano, nonché le associazioni mineralogiche del così detto «Anello termometamorfico del Capanne», derivate dal riscaldamento dei minerali che costituivano le rocce incassanti il magma. Attorno a due milione di anni dopo dal consolidamento del plutone granitico del Capanne, nel sottosuolo di Porto Azzurro si ebbe la risalita di una nuova massa granitica, oggi affiorante in una limitata area nella zona del Buraccio.
Alle azioni metamorfiche, metasomatiche ed idrotermali legate a questo magmatismo sono associati i fenomeni di mobilizzazione e ricristallizzazione delle masse ferrifere dell’Elba occidentale e la formazione degli adunamenti di silicati di skarn che le accompagnano a Santa Filomena di Rio ed a Calamita (Tanelli, 1983).
Grandioso Museo mineralogico elbano
Tratteggiata quindi, la consistenza e la genesi del «grandioso Museo mineralogico elbano» vediamo come si è andata formando la Collezione elbana della sezione di Mineralogia del Museo di Storia Naturale dell’Università di Firenze, che mostra il valore geologico dell’Isola d’Elba. Una collezione riconosciuta, come numero e qualità
dei campioni, come la più importante e la meglio rappresentativa del «Museo Elba».
Minerali particolari dell’isola d’Elba
Nel 1825, in Firenze, per i tipi di Attilio Tofani, viene stampata un’opera dal titolo: «Minerali particolari dell’isola d’Elba: ritrovati e raccolti dal signor Giovanni Ammannati tenente dei RR. Cacciatori del primo reggimento reale Ferdinando, descritti dal Profess. Dottore Ottaviano Targioni Tozzetti». Ottaviano Targioni Tozzetti (1755-1826) era figlio di Giovanni (1712-1783) e padre di Antonio (1785-1856), la triade di grandi scienziati naturalisti toscani che operarono negli Studi fiorentini, nel R. Museo di Fisica e Storia Naturale di Firenze e nell’Ateneo Pisano per grande
parte del XVIII e XIX secolo (Cipriani e Scarpellini, 2007).
Il capolavoro di Giovanni restano le sue monumentali «Relazioni d’alcuni viaggi fatti in diverse parti della Toscana»; Antonio, insigne botanico, diresse il Giardino dei Semplici di Firenze (attuale Orto botanico del Museo di Storia Naturale), e fu sposo di Fanny Rocchivecchi, la nobildonna fiorentina alla quale Giacomo Leopardi dedicò le sue liriche del Ciclo di Aspasia.
Scrive Ottaviano Targioni Tozzetti, come il Tenente Ammannati fosse stato «guidato da un genio virtuoso di conoscere le bellezze che la Natura ha sparse in generale nella detta Isola e che si prese cura di fare scavare, e di raccogliere, e così far conoscere questi singolari bellezze, che ha trovato in un Masso di granito in uno scopeto a S. Pietro in Campo in luogo detto Grotta d’Oggi, in un fondo o possessione appartenente al reverendissimo Prete Sig. Raffaello Pisani» .
E così, fra l’altro, si incontra per la prima volta un cognome: Pisani, che nelle figure degli elbani Spirito Pisani e cap. Giuseppe Pisani, contribuirono nell’Ottocento a raccogliere e collezionare minerali d’Elba, nonché di quel Gio.Batta Pisani che fu padrino di Luigi Celleri, il «mineralogista elbano» al quale sono riconducibili i ritrovamenti di molti dei campioni delle collezioni Foresi e Roster (Tanelli, 2007).
Ilvaite, Spessartina, Melanite, Granato Ottaedrico, le Tormaline Policrome, Ferro Oligisto, Petalite, Polluce, Berillo.
Nella seconda metà dell’Ottocento, Raffaello Foresi, in una ventina di anni ci mostra gran parte della geologia dell’Isola d’Elba, raccogliendo migliaia di campioni di minerali dell’Elba. Una collezione speciale di quel «piccolo santuario della natura», come scrive in una lettera a stampa a Igino Cocchi pubblicata nel 1865. E prosegue: «E ne fan fede (ne parlo a strappabecco per non essere infinito) la serie dell’ilvaite ricca di varietà cristallografiche, gli esemplari nitidissimi di spessartina e melanite, il granato ottaedrico, le tormaline policrome, le molteplici forme e ibridazioni di ferro oligisto, il castore [o petalite] e il polluce perfettamente cristallizzati, e due varietà di berillo, le quali fuor di modo si differenziano dalle altre del berillo sino al dì d’oggi conosciute» (Foresi, 1865).
Al Ponticello il Museo Foresi
l 20 febbraio 1873, in una palazzina posta un centinaia di metri oltre «Il Ponticello» che scavalcava lo stretto braccio di mare che al tempo rendeva la città voluta da Cosimo de’ Medici un’isola nell’Isola, veniva inaugurato il Museo Foresi. Nel museo, Raffaello aveva esposto non solo la collezione di minerali, ma anche quella di notevoli manufatti litici e metallici raccolti all’Elba, Pianosa e Montecristo che, per la prima volta, documentavano la frequentazione preistorica e protostorica delle isole dell’Arcipelago.
I minerali dell’Elba alla mostra Universale di Parigi
In precedenza la collezione era stata esposta alla Mostra Universale di Parigi del 1867. Alla inaugurazione del Museo Foresi, come possiamo rilevare dalle firme poste nel Registro dei Visitatori, tuttora conservato negli archivi del Museo di Storia Naturale dell’Università di Firenze, parteciparono le autorità locali ed una notevole numero di cittadini. Il Museo era ospitato in uno stabile di proprietà del padre di Raffaello, dopo che erano falliti tutti i tentativi per disporre di un edificio pubblico per esporre le collezioni che, se del caso, sarebbero state donate al Comune.
In effetti era stata individuata una sede prestigiosa per il Museo Foresi: la Palazzina dei Mulini, residenza di Napoleone durante il suo breve soggiorno elbano, e lasciata alla città di Portoferraio alla sua partenza dall’Isola. Ma le istanze affinché il demanio, granducale prima e dello Stato Unitario poi, riconoscesse la donazione e restituissero al Comune di Portoferraio la Palazzina dei Mulini, furono sistematicamente respinte.
Vincenzo Foresi, zio di Raffaello Foresi
La collocazione del Museo Foresi nella Palazzina dei Mulini, sarebbe stato fra l’altro un giusto riconoscimento del ruolo determinante che aveva avuto Vincenzo Foresi, zio di Raffaello, nel finanziare il ritorno a Parigi di Napoleone, come ci dice il caro «grande vecchio» Leonida Foresi, discendente di Vincenzo, giornalista e memoria storica dell’Elba. In effetti l’apertura ufficiale del Museo Foresi, aveva avuto una anteprima, poiché nel Registro dei Visitatori, alla data del 15 Febbraio 1873 è riportata la nota, scritta ragionevolmente dallo stesso Raffaello Foresi, relativa alla visita del Dr. Heinrich Noé e signora di Mittenwald in Baviera.
Il Museo Foresi rimase aperto fino alla vigilia di Natale del 1876, pochi mesi oltre l’improvvisa scomparsa di Raffaello avvenuta nel mese di febbraio dello stesso anno, all’età di 56 anni. A Raffaelo Foresi venne intitolato il Liceo-Ginnasio di Portoferraio, e Biblioteca Foresiana si chiama l’Istituzione culturale del Comune di Portoferraio, dove sono raccolti preziosi libri e documenti della storia elbana donati da Mario Foresi (1850-1932), figlio di Raffaello.
Pubblicazioni sui minerali elbani
Scorrendo le pagine del Registro dei Visitatori emerge come illustri personaggi della mineralogia e geologia del tempo visitarono, tessendone le lodi, il Museo Foresi: Lotti, D’Achiardi, vom Rath, Bombici, Bechi, Cocchi, Roster, … Quest’ultimo pubblica nel Bollettino della Società Geologica Italiana una nota che sarebbe dovuta essere, ma purtroppo non fu, la prima di una serie di pubblicazioni sui minerali elbani.
Alcuni di questi minerali – scrive il Roster – furono da me stesso raccolti nell’ultimo mio soggiorno all’Elba, altri ho trovato far parte della stupenda ed unica collezione mineralogica e petrografia, con tanto amore e sì grande studio raccolta e ordinata dal Sig. Raffaello Foresi. Non dovrebbe essere lecito porre il piede nella città principale dell’Isola, senza visitare questa collezione, perché le ricchezze naturali, ivi in bella mostra schierate, tanto ricreano l’occhio del profano, quanto destan meraviglia e desiderio nell’animo dell’intelligente e dello scienziato.
Fra i molti lavori stranieri su l’Isola d’Elba, i migliori son quelli che fecero soggetto di attenta osservazione la grande collezione del Foresi, l’altra meno rilevante del capitano Pisani di S. Piero (Roster, 1876). Anche il Roster quindi, che nella villa Ottonella e nel suo Orto Botanico trovava il suo «buen retiro», aveva iniziato a collezionare campioni di minerali elbani, instaurando con il Foresi uno stretto rapporto di collaborazione e stima. Dopo la morte di Raffaello lo stesso Roster, assieme a Giovan Battista (Bista) Toscanelli (1857-1882) legato all’uomo di cultura elbano da filiale amicizia, rilevarono le concessioni possedute da Foresi per la ricerca di minerali nelle zone di S.Piero e S.Ilario. E «ereditarono» anche la preziosa collaborazione di Luigi Celleri.
La ricchissima raccolta di minerali Elbani di Raffaello Foresi, nel 1877 passa al Museo Fiorentino
Con la scomparsa di Raffaello, la famiglia decise di vendere la collezione mineralogica e gli «oggetti antistorici», come il Foresi aveva denominato la sua collezione di manufatti «dell’età della pietra e del bronzo», rinvenuti nelle Isole dell’Arcipelago Toscano (Foresi, 1867).
Dopo lunghe trattative condotte da Giorgio Roster, Giuseppe Grattarola (1844-1907), professore di mineralogia nell’Istituto di Studi Superiori di Firenze e Paolo Mantegazza (1831-1910) professore di antropologia e etnologia nello stesso Istituto, superando marcate difficoltà finanziarie e grazie ad una fortunata serie di circostanze, non ultime l’interessamento di Igino Cocchi e Quintino Sella, le collezioni vennero acquistate dall’Istituto fiorentino e nel marzo del 1877 giunsero nei locali de «La Specola» e al «Palazzo Nonfinito» di Firenze. Tre anni dopo la collezione di minerali Foresi, unitamente a tutto il «Museo e Laboratorio di Mineralogia», venne trasferita nella nuova e più idonea sede di Piazza S. Marco, dove ancora oggi è conservata (Cipriani e Poggi, 1994; Cipriani et al., 2010).
Nel 1888 arriva al Museo Fiorentino anche la raccolta Roster di minerali Elbani
Una decina di anni dopo il R. Istituto di Studi Superiori acquistò anche la collezione di minerali elbani raccolta da Giorgio Roster, corredata di sei preziosi libretti nei quali il Roster stesso aveva dettagliatamente descritto tutti i campioni, spesso corredati da bellissimi disegni.
Laboratorio di Mineralogia e il catalogo della collezione elbana
Nel 1914 Federico Millosevich (1875-1942), succeduto a Grattarola nella cattedra e nella direzione del Museo e Laboratorio di Mineralogia, pubblica un catalogo ragionato della collezione elbana conservata nel Museo dal titolo: I 5000 elbani. In effetti, come rilevano Cipriani e Poggi (1994): «I 5000 elbani erano in realtà 4966, così ripartiti fra le varie raccolte: Foresi 2553, Roster 1467, Antico Magazzino 717, Pisani 151, altri 67». Con il nome di Antico Magazzino il Millosevich aveva indicato i campioni già presenti nell’antico R. Museo di Fisica e Storia Naturale, fra i quali è possibile che fossero (e siano) presenti i campioni raccolti nel Seicento da Niccolò Stenone e nei primi dell’Ottocento da Giovanni Ammannati.
I campioni raggruppati sotto la dizione Pisani, riguardano i minerali forniti dal raccoglitore Spirito Pisani e quelli acquisiti dalla collezione del Capitano Giuseppe Pisani. Dalla pubblicazione del lavoro di Millosevich, il numero di campioni della collezione elbana è aumentato sensibilmente. Vari campioni sono stati scambiati con numerosi Musei naturalistici del Mondo, altri sono stati acquistati o donati al Museo fiorentino, con un bilancio che porta a 6312 i campioni della «Collezione elbana».
Belle collezioni dei minerali elbani sono conservate nei Musei mineralogici della Università di Pisa e della Federico II di Napoli e nel Museo Civico di Storia Naturale di Milano.
La raccolta elbana al Museo di Storia Naturale dell’Università degli Studi di Firenze
La collezione elbana è la più completa rappresentazione della ricchezza mineralogica dell’isola nella seconda metà dell’Ottocento, e testimonia l’interessante storia geologica dell’Isola d’Elba. Di particolare rilievo sono gli esemplari di tormaline (elbaite), talvolta in associazione con berilli incolori, quarzo, lepidolite e ortoclasio. Spiccano la porzione di geode tappezzata da 132 cristalli di elbaite, proveniente da Grotta d’Oggi, e le splendide tormaline rosa estratte a Facciatoia, accanto ai quattro enormi blocchi di graniti detti i “quattro evangelisti” rinvenuti nel 1873 in località Fonte del Prete durante ricerche condotte da Raffaello Foresi, a breve distanza da San Piero.
Il museo si trova in Via La Pira, 4 – 50121 Firenze (FI)
I minerali della «Collezione elbana» esposti al Museo fiorentino
Ematite n° 933
Tormalina n° 656 (sono essenzialmente rappresentate da elbaite e schorlo)
Ortoclasio n° 629
Pirite n° 555
Quarzo n° 545
Calcite n° 320
Goethite + Lepidocrocite + Limonite n° 306 (Specie non più ritenute valide dall’iMa)
Berillo n° 230
Ilvaite n° 178
Stilbite n° 162
Magnetite n° 128
Opale n° 122
Petalite n° 88
Pollucite n° 87
Epidoto n° 82
Grossularia n° 75
Albite n° 73
Spessartina n° 66
Lepidolite n° 56
Cassiterite n° 52
Malachite n° 50
Sono elencate le specie rappresentate da almeno 50 campioni
Altri campioni minerali n° 945:
Actinolite, Almandino, Alunogeno, Analcime, Anatasio,
Andalusite, Andradite, Anortite, Antigorite, Antracite, Apatite, Aragonite, Arsenopirite, Atacamite, Azzurrite, Baritina, Bertrandite, Biotite, Bismoclite, Bismutinite, Bismuto, Bonattite, Bornite, Braunite, Brochantite, Brucite,
Bustamite, Calcantite, Calcopirite, Caolinite, Cerussite, Cervantite, Chabasite, Clinocloro, Clinozoisite, Clorite, Connellite, Cookeite, Copiapite, Cordierite, Crisocolla, Crisotilo, Cuprite, Dachiardite, Diopside, Dioptasio, Dolomite, Dufrenite, Epidoto, Epsomite, Eritrite, Euxenite, Farmacosiderite, Feldspato, Ferrocolumbite, Ferroesaidrite, Ferropargasite, Fluorapatite, Fluorite, Forsterite, Galena, Gesso, Granato, Greigite, Halloysite, Halotrichite, Hastingsite, Hedenbergite, Heulandite, Huebnerite, Idromagnesite, Ilmenite, Iperstene, Jarosite, Johannsenite, Kroehnkite, Labradorite, Loellingite, Magnesite, Manganite, Manganocolumbite, Manganotantalite, Melanterite, Microlite, Minguzzite, Mizzonite, Molibdenite, Mordenite, Muscovite, Natrojarosite, Oligoclasio, Orneblenda, Pickeringite, Pirolusite, Pirosseno, Pirrotina,
Plumbogummite, Prehnite, Psilomelano, Rame, Rodocrosite, Rodonite, Rutilo, Salgemma, Sanidino, Scheelite, Sepiolite, Serpentino, Sfalerite, Sferocobaltite, Siderite, Spinello,
Stibina, Strueverite**, Strunzite, Talco, Titanite, Topazio, Tremolite, Vesuvianite, Wollastonite, Zircone, Zoisite, Zolfo
Gran parte della descrizione è stata ripresa dal testo di: Giuseppe Tanelli e Luisa Poggi “Museo di Storia Naturale dell’Università degli Studi di Firenze“
Dove è possibile vedere i minerali Elbani all’Isola d’Elba
Parco Minerario e Mineralogico dell’Isola d’Elba esposizione a Rio Marina e Capoliveri
All’Elba degne di particolare nota sono le collezioni «Erisia Gennai Tonietti» e «Alfeo Ricci», esposte rispettivamente a Rio Marina e Capoliveri nel contesto delle iniziative del Parco Minerario e Mineralogico dell’Isola d’Elba.
Oggi è sempre più manifesta l’esigenza di rendere compatibili i nostri bisogni e le nostre attività con i limiti e le fragilità geologiche e biologiche del Mondo in cui viviamo. Questa esigenza, affinché possa essereconcretizzata con adeguate scelte politiche ed economiche comporta la diffusione sociale della cultura ecologica. Un potente mezzo per raggiungere questo scopo è quello di mostrare ed illustrare le meraviglie del mondo naturale che ci circonda. Con questo fine e nel tema di questo scritto, una riedizione del lavoro di Millosevich, dovrebbe intitolarsi «I 6000 elbani». Magari aggiungendo un sottotitolo: «le bellezze e le diversità di uno splendido giardino del Pianeta Terra».
Splendide tormaline e berilli, al Museo Minerario e Gemmologico Luigi Celleri di San Piero
L’area di San Piero in Campo, ricca di filoni pegmatitici contenenti splendide tormaline e berilli, è stata studiata da numerosi geologi a partire dal 1825, tra cui Ottaviano Targioni Tozzetti, Giovanni D’Achiardi, Raffaello Foresi e Luigi Celleri; si tratta infatti di una delle zone europee e mondiali con maggiori concentrazioni di tali preziosi minerali.
Il Museo Minerario e Gemmologico Luigi Celleri di San Piero recente istituzione ha riportato l’attenzione del pubblico sulle meraviglie del sottosuolo Elbano.
La bellezza della storia geologica dell’Isola d’Elba
Video che racconta la particolare storia geologia dell’Isola d’Elba
La storia della Geologia dell’Isola d’Elba, alla scoperta della collezione di minerali provenienti dall’Isola d’Elba con Vanni Moggi Cecchi, referente della Collezione Lito-Mineralogica del Sistema Museale dell’Università di Firenze.